Curatorship Education

Il 18 ottobre 2024 alle Fonderie Limone Moncalieri inaugura la mostra memorabilia del fotografo Riccardo Banfi (Milano, 1986) a cura di Arteco (Alessandra Messali e Beatrice Zanelli). L’esposizione rientra nell’ambito del progetto Corpus – Fare memoria per la celebrazione del cinquantesimo anniversario dalla fondazione del Centro Studi del Teatro Stabile di Torino.

L’indagine curatoriale di Arteco individua nella valorizzazione degli archivi e nel portare in luce ciò che è rimasto in ombra una possibile lente attraverso la quale poter leggere la contemporaneità. In memorabilia Riccardo Banfi si confronta con una raccolta unica nel suo genere interfacciandosi con i documenti e gli oggetti presenti nell’archivio del Centro Studi del Teatro Stabile di Torino e con i luoghi che custodiscono e conservano le scenografie e l’attrezzeria utilizzata durante gli spettacoli. Nel corso della sua indagine Banfi ha dato forma ad una serie fotografica che attiva nuove narrazioni sull’archiviazione dei diversi materiali che sono parte di produzioni teatrali tra le più importanti del Novecento.

La pratica fotografica di Banfi si lega alla natura esplorativa dello sguardo e all’individuazione di attimi e storie impreviste che si nascondono in luoghi e oggetti marginali. Le fotografie combinano elementi figurativi e astratti, nonché prospettive biografiche e documentaristiche, offrendo una rappresentazione del mondo contemporaneo.

A partire dal confronto con i luoghi del Teatro Stabile, Banfi ha soffermato la sua attenzione su un repertorio di memorabilia, suddividendoli in tre nuclei fotografici: i documenti che raccolgono le esperienze teatrali susseguitesi nella seconda metà del Novecento, i modellini preparatori per le scenografie, realizzati in legno e carta, custoditi al Centro Studi, e gli oggetti di scena, tra cui costumi, maschere e strumenti di uso quotidiano, stivati nei depositi del Teatro Stabile. 

memorabilia è una riflessione sul rapporto ambiguo tra realtà e finzione, e si sviluppa intorno al “retroscena”, ovvero su ciò che non è visibile al pubblico durante una rappresentazione teatrale. Le pareti che formano il display, parte integrante dell’opera, portano il visitatore ad addentrarsi in immaginari temporanei, perdendo l’orientamento tra ciò che appare reale o fittizio. Le fotografie si susseguono in un rimando di significati e rendono protagonisti oggetti, documenti e sezioni di interni, tutte rimanenze di messinscene  passate, che si confrontano in un dialogo alla pari con lo spazio circostante.

L’intero lavoro fotografico rende da un lato visibili le testimonianze di passate narrazioni soffermandosi sui processi di conservazione di documenti, oggetti e modellini, dall’altro si confronta con l’inesauribile esigenza dell’essere umano di rappresentare il reale attraverso dispositivi di finzione che portano in superficie i significati più profondi della sua esistenza, in un gioco dove il soggetto e la sua rappresentazione sempre di più si confondono.